23 ottobre 19, 18:21 | #11 (permalink) Top | |
Moderatore Data registr.: 02-10-2014 Residenza: Chieti
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Se andassero allo stesso verso sarebbe accentuato il momento controrotante. L'hanno fatto apposta per ridurlo Inviato con ditoni e scocciofono. Scusate gli errori.
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23 ottobre 19, 20:00 | #13 (permalink) Top |
Moderatore Data registr.: 02-10-2014 Residenza: Chieti
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Certo, stiamo dicendo la stessa cosa Inviato con ditoni e scocciofono. Scusate gli errori.
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23 ottobre 19, 21:35 | #14 (permalink) Top | |
User Data registr.: 18-12-2009 Residenza: biella
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..........ha la resta dura almeno quanto erano duri da pilotare i suoi caramellosi biplani........... | |
23 ottobre 19, 21:43 | #15 (permalink) Top | |
User Data registr.: 22-08-2007 Residenza: Portofino - Rapallo
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A dividerli, vi era il gruppo riduttore che consentiva la contro -rotazione delle due eliche, infatti gli alberi di trasmissione erano coassiali (uno dentro l'altro) e contro rotanti, per la precisione, quello azionato dal motore posteriore, azionava l'elica anteriore. Si avviava prima il posteriore perché grazie ad una catena di ingranaggi, faceva girare il compressore centrifugo che metteva in pressione il lungo collettore di aspirazione, poi quello anteriore, se osservi attentamente il filmato, vedrai prima girare l'elica posteriore ed i gas di scarico fuoriuscire dal motore posteriore. Il gruppo carburatori (aspirati) era posizionato sul motore posteriore Caratteristiche al momento del record: potenza 1.550 HP x 2 = 3.100 HP a circa 3.000 giri/min. giri compressore da 17.000 a 19.000, aumento del rapporto di compressione a circa 7:1, un carburante espressamente formulato da un chimico inglese, sir Banks. Sono stato 2 volte a Vigna di valle presso il museo dell'Aeronautica, ho fatto indigestione di motori e velivoli. Il motivo della contro-rotazione ti è stato già spiegato. Ho da qualche parte nella libreria, recuperato fortunosamente, uno scritto autografo del col ing Mario Bernasconi direttore del RAV, ci sono tutti i suoi appunti relativi a questa esperienza.
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23 ottobre 19, 23:10 | #17 (permalink) Top | |
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Gli aerei della coppa Schneider sono i più belli in assoluto. E mi hanno stupito per le dimensioni fisiche. Inviato con ditoni e scocciofono. Scusate gli errori.
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24 ottobre 19, 01:17 | #18 (permalink) Top |
User Data registr.: 22-08-2007 Residenza: Portofino - Rapallo
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| Per non scrivere un romanzo
Tutto ebbe inizio dall'idea di organizzare gare di velocità per favorire il progresso nel campo dell'aviazione. https://it.wikipedia.org/wiki/Coppa_Schneider Il regolamento prevedeva l'assegnazione della coppa alla nazione che avesse vinto la gara per tre volte consecutive; vinsero poco sportivamente gli Inglesi perché parteciparono da soli senza altri avversari. Amen!!!! Rimanevano solo i record, ad esempio, sui 100 Km oppure quello assoluto per velivoli della categoria, idrovolanti ad elica. L'unico in condizioni di farci vincere è stato proprio il MC 72, appositamente progettato allo scopo, il progettista ing Mario Castoldi (quello dei macchi 200 - 202 - 205) il costruttore l'aeronautica Macchi di Varese. E' stata necessaria una sinergia tra le case interessate (Fiat e Macchi) unitamente ai progettisti. Oltre al già citato ing Castoldi, è necessario anche ricordare l'ing Tranquillo Zerbi con la collaborazione del prof Fessia. E' altresì doveroso citare anche un grande tecnico, successivamente ing, Armando Palanca, che oggi definiremmo "uno con gli attributi". Fu lui infatti, dopo che il motore, prima in volo, causando incidenti con morti, poi al banco prova, con continui problemi, che ebbe il sospetto, poi divenuta certezza, che il motore aveva problemi di carburazione. In breve; fece allestire un banco con due freni controrotanti, i serbatoi interrati per simulare la distanza come sull'aereo, un motore che girava un'elica per soffiare verso le prese d'aria dei carburatori ad una velocità di 700 Km/h, un altro motore per soffiare via i gas combusti dalla sala prova. Ora la cigliegina sulla torta; fece costruire in materiale trasparente una parte dei carburatori, in particolare le vaschette, fu così che, durante le prove a pieno regime, si vide che, a causa della scarsa portata del carburante il livello dello stesso scendeva, scoprendo i getti ( allora gigleur) ed impoverendo la miscela, causando scoppi e poderosi ritorni di fiamma ai carburatori. Risolto il problema, tutto funzionò a dovere, con la benedizione del col ing Mario Bernasconi. Ormai Italo Balbo non era più ministro dell'aeronautica, si trovava in Libia a fare i governatore, Benito aveva fretta di concludere per non spendere altri denari, però voleva un risultato "fascistissimo", fu accontentato. Quel velivolo dovrebbe essere fra la seconda metà del '32 ed il '33, il record è del 23 Ottobre del '34, ottenuto fra i traguardi di Manerba e Moniga. Onore al suo pilota Francesco Agello, da non dimenticare i caduti durante le prove, Monti Neri Bellini.
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24 ottobre 19, 02:08 | #19 (permalink) Top |
User Data registr.: 18-12-2009 Residenza: biella
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Altro stupendo progetto che non ebbe la fortuna che avrebbe meritato..... Lago di Garda 1934 – Idroscalo di Desenzano La parete rocciosa della sponda lombarda del lago ampliava e faceva eco all’interminabile urlo di cinquanta secondi dei tremila cavalli scatenati in decollo dal rosso idrovolante in corsa per il primato mondiale di velocità e per la gara di velocità della Coppa Schneider. Macchi Mc 72 Centocinquanta secondi per portare in “redan” il Piaggio P7 Pinocchio, staccare i galleggianti dalla superficie del lago e accelerare verso il traguardo dei settecento chilometri orari. Centocinquanta secondi nei quali il bolide rosso percorreva quasi tre chilometri prima di riuscire a volare. Oggi siamo abituati a tempi di decollo di quindici, venti secondi, nei quali prima della “rotazione“, (il vecchio – redan) il nostro jet percorre non più di cinquecento metri. Ma tutto grazie agli efficienti e moderni sistemi aerodinamici, di ipersostentazione che trasformano l’ala al decollo ed all’atterraggio. I velivoli relativamente veloci degli anni 20’ – 30’, avevano ali i cui profili biconvessi e simmetrici sembravano quelli di un rasoio nel cui spessore non c’era posto per artifici aerodinamici, né per carrelli retrattili. Quindi per le alte velocità di atterraggio e decollo gli aerei necessitavano di spazi sempre più estesi. Da questa esigenza nacque l’idrovolante adatto alle infinite superfici del mare e dei laghi a disposizione. Abbandonata la configurazione “fusoliera/galleggiante” sostenuta in aria da un sistema a due ali e da un “castello motore“, il monoplano per galleggiare doveva poggiare in acqua su due scafi molto ben profilati, ma di volume e peso sempre penalizzanti in termini di resistenza: gli “scarponi“. Negli anni trenta questa era l’architettura di quasi tutti gli idrovolanti che erano in gara per l’ambito “Trofeo Schneider” destinato al velivolo più veloce del mondo. L’ingegner Giovanni Pegna della Piaggio, la cui attività fu particolarmente intensa nello studio sulle “alette idroplane” oggi in uso sugli aliscafi, in seguito ad un approfondito esame dei mezzi con i quali, sino a quel momento erano stati ottenuti gli incrementi di velocità, che incidevano solo per una piccola parte sulla riduzione dei fattori negativi, (resistenza) e invece per una parte preminente sull’accrescimento dei fattori positivi (potenza propulsiva), venne alla seguente singolare determinazione che servivano in modo prevalente per neutralizzare l’influenza dei primi. Rivolse quindi il suo studio non tanto verso l’affinamento aerodinamico degli idrovolanti, addirittura verso l’abolizione di alcuni elementi chiaramente negativi, ritenendo opportuno eliminare gli “scarponi“. Infatti, essi altro non erano che i due grandi galleggianti, dispersori della grossa porzione di potenza dei motori. Le sue alette idroplane potevano offrire questa possibilità e teoricamente la soluzione appariva seducente e molto elegante. Da notare che essa era piena di incognite.. Nulla era mai stato realizzato in precedenza e non si potevano avere termini di paragone basati su passate esperienze. L’adozione delle alette triplane come accorgimento di decollo, imponeva una quantità di condizioni che possiamo così riassumere: Fusoliera stagna in quanto doveva funzionare da scafo galleggiante Piaggio P7 galleggiante Adozione di un’elica marina per fornire la necessaria velocità di sostentamento sulle alette, altrimenti l’elica aerea non avrebbe potuto girare e funzionare Adozione di due motori per i due metodi di propulsione, uno marino e l’altro aereo Oppure di un solo motore ma con un dispositivo di disinnesto della propulsione marina ed un innesto di quella aerea, con lunghi alberi di trasmissione, riduttori ed innesti a frizione L’idrovolante avrebbe potuto avere dimensioni minime, come evidenziato dalla fotografia ( ripresa in un hangar di Desenzano a confronto con gli altri velivoli da primato come il Macchi M 39 ed il Savoia Marchetti S65, con sezioni frontali resistenti ridottissime, istallando potenze minori con pesi ridotti e velocità elevatissime, pur conservando teoricamente i vantaggi dell’idrovolante per le resistenze del decollo ed atterraggio che frenavano l’aumento della velocità massima degli aerei terrestri. Naturalmente tutti questi problemi, risolti in sede teorica, sarebbero stati risolti anche in pratica attraverso una metodica serie di prove, ma la loro complessa natura prolungò alquanto le prove e l’ingegnosa macchina non poté essere presente alla “Coppa Schneider” del 1929, pur se le prime prove di flottaggio effettuate dal collaudatore Dal Molin avevano dato esito soddisfacente, come si può vedere nella foto a fianco. In seguito l’apparecchio fu abbandonato per le difficoltà ed il costo della sua messa a punto. In realtà l’ing. Pegna lasciò la Piaggio per dissapori con la dirigenza e l’ing. Gabrielli, insigne progettista di aerei della Fiat che, da me intervistato molti anni dopo, mi disse di aver eseguito per conto di Pegna delle esperienze presso la “Vasca navale di Roma”, sulle alette idroplane ed aveva constatato che a certe velocità critiche si verificavano fenomeni di aspirazione di aria dalla superficie. Fenomeni che innescavano uno stallo idrodinamico con conseguente brusca caduta della portanza. Gabrielli suggerì l’adozione di barriere del tipo successivamente posto sui piedi dei motori fuoribordo sopra le eliche. Però, a quel punto il progetto stava per essere abbandonato. Piaggio Pegna PC 7 Il “Piaggio PC7” era un monoplano con ala ellittica e con fusoliera a forma di scafo portante, poiché inferiormente aveva una coppia di pinne anteriori ed una pinna posteriore, capaci di permettere il sollevamento dello scafo dall’acqua (A) una volta raggiunta una certa velocità. Questa era assicurata dalla spinta dell’ elica marina che, emerso lo scafo dall’acqua, il moto veniva trasmesso all’elica aerea ormai libera di girare, dando luogo al decollo. Il motore era un Isotta Fraschini a V da 800 HP ed era sistemato in fusoliera subito davanti all’ala ed il raffreddamento del liquido refrigerante avveniva mediante superfici radianti poste sul dorso dell’ala, mentre i radiatori dell’olio e le prese d’aria dei carburatori, che erano chiudibili, correvano lungo i fianchi del muso contendo il riduttore e l’albero per l’elica aerea ed era tanto lungo che al velivolo diedero il nome di “Pinocchio”. Piaggio P7 Pinocchio Elica Variatore Frizione Superficie radiante Impianto propulsivo Motore Fiat AS.8 Frizione Serbatoio Aletta idroplana Trasmissione propulsione marina Protezione dell’elica Elica marina Timone marino Superficie radiante Le caratteristiche del “Piaggio PC7” erano: Piaggio Pc7Impianto propulsivo: Isotta Fraschini Asso I-500, a 12 cilindri a V, raffreddato ad acqua da 850 Cv di potenza e variamente indicata anche in 800, 820 e 1.050 CV con elica bipala ed elica marina tripala. Dimensioni: apertura alare: 6,75 m c/o gli 8,50 m del “Macchi MC 72” lunghezza: 8,85 m altezza: 2,45 m superficie alare: 9,83 mq Pesi a vuoto: 1.403 Kg Peso totale: 1.696 Kg c/o i 3038 Kg del “Macchi MC 72” Carico alare: 171 Kg/mq Rapporto peso – potenza: 2Kg/CV Prestazioni: Velocità massima600 Km/h Potenza: 800 HP contro i 3000 HP del “Macchi MC 72” Piaggio Pegna Pinocchio P 7 Ambedue i velivoli erano calcolati per una velocità superiore ai 600 Km/h. Il “Piaggio PC 7” fu un esempio tipico di come la pressione competitiva della “Coppa Schneider” e di tutte le competizioni in genere, spinge i progettisti a migliorare la scienza meccanica, aereodinamica e idrodinamica, proponendo progetti e idee avanzate, che in alcuni casi si dimostrano al di la delle possibilità contemporanee. Immagini e notizie tecniche tratte da: Piaggio Pinocchio Storia di un primato di V. Fradeani Edizioni Mursia 1976 Foto: Arch. F. Harrauer Edizioni: Apostolo Disegni: F. Harrauer Altomareblu – Tutti i diritti riservati. Note Legali TAGS: Franco Harrauer 28/12/2012 09:40 NEXTLe "spalle buone" di Alberto Cavanna »PREVIOUS« L'importanza dei flaps - di Renato "Sonny" Levi Leave a Comment RELATED POST Novantanove barche (terza puntata) La terza puntata delle realizzazioni dell'architetto Franco Harrauer. 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24 ottobre 19, 02:14 | #20 (permalink) Top | |
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...il particolare più visibile é solitamente la maggior lunghezza del muso per poter avere un baricentro decente.......o, nel triplano, il motore Lycoming al posto del rotativo originale che permetteva quasi solo virate in un senso a causa dell'enorme effetto giroscopico che genera....... | |
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