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Vecchio 02 aprile 07, 11:18   #1 (permalink)  Top
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green valley 2007

Ho partecipato Domenica al raduno in pianura sulla pista di Green Valley.

Ovviamente ringrazio tutti gli amici del Mottarone per l'ottima organizzazione .. Rocchetta .. Ale Villa etc etc....
Un grazie ai trainatori specialmente a Gianni (si è preso il mio Libelle..trattalo bene..) che mi ha deliziato con il suo eccezionale Wilga (80).

Ughetto ci ha fatto sognare con un bellissimo Sperber Junior di circa 5mt..
BELLISSIMO! il + bel aliante da me visto..
Luca DP e Giovanni F ci hanno regalato acrobazie ... da pendio.

Il mio maestro Luca mi ha suggerito questa lettura sullo Sperber che vi copio..
saluti
Fabio
p.s. seguiranno foto

Estratto dal libro "Volare la mia vita (a cura di Giancarlo Bresciani)"
Pilota ed autore: Hanna Reitsch

"Si era nel maggio 1937. A Salisburgo si era insediata la commissione internazionale di studi del volo senza motore (ISTUS), sotto la presidenza del professor Georgii, Nel medesimo tempo aveva luogo un incontro internazionale di volovelisti. Dovevamo realizzare dei voli a meta prefissata, dei voli di distanza libera ed altri di quota, in una gara, e questo, se umanamente possibile, penetrando nelle Alte Alpi. Eravamo muniti di viveri, razzi di segnalazione, di sirene e soprattutto di ciò che poteva servire alla sopravvivenza in caso di atterraggio forzato in alta montagna.
La competizione cominciò con le migliori condizioni meteorologiche possibili. Il cielo era di blu profondo, il sole brillava già presto al mattino e scaldava i versanti e le pareti rocciose scoscese dei contrafforti. Sopra le cime e le creste più elevate, delle piccole nuvole bianche e rotonde cominciavano a formarsi lentamente partendo da un leggero velo, testimoniando la presenza di correnti ascendenti. Non c’era una bava di vento, l’ideale dunque per tentare una avanzata nel cuore di questo universo di montagne.
Ogni partecipante doveva sganciarsi a 500 metri sopra l’aeroporto di Salisburgo. Verso le dieci del mattino, era il mio turno per partire. Subito dopo essermi sganciata, mi sono diretta verso la parte orientale dell’Untersberg, che aveva dovuto immagazzinare il massimo del calore solare. Non trovai all’inizio nessuna corrente ascensionale. Non perdevo di vista il campo che si trovava lateralmente dietro me e volai, in modo di poter in ogni momento raggiungerlo in volo planato nel caso che non avessi trovato nessuna corrente ascensionale.
Allorquando fui sul punto di dover fare un dietro front all’Untersberg, lo "Sperber" cominciò a vibrare. Il variometro salì - appena sopra lo zero - e si fermò tra 10 e 20 centimetri al secondo. Virai con attenzione, con lo scopo di non perdere questa flebile zona d’ascendenza. Ebbi fortuna, salii di più in più, da prima a 0,5 m/s, poi ad 1 m. Un cumulo si formò sopra di me, ingrossandosi molto rapidamente a vista d’occhio, sembrando che mi attirasse. Spiralai con ostinazione e salii, salii sino ad aver raggiunto la parte inferiore di questa nube a circa 2000 m. di quota. Ora l’Untersberg si stendeva sotto di me. Ero l’unica in aria con lo "Sperber". I miei altri colleghi, che avevano decollato con me, erano ritornati verso l’aeroporto dove erano riatterrati. Era ancora troppo presto, le correnti ascendenti erano deboli ed isolate. Non avevo altro obiettivo per la giornata che di prendere contatto con le montagne ed avere una visione d’insieme, giacché il loro aspetto era per me, viste dall’alto, completamente nuovo. E’ totalmente differente da quello che all’alpinista si rivela, perché il paesaggio resta per lui un intasamento di cime le une dentro le altre. Per l’occhio del pilota invece, le montagne sono in perpetuo movimento, sembrano aprirsi e fermarsi, salutare e minacciare. Per quelli che volano, cambiano costantemente di luogo, ora illuminate, ora immerse nell’ombra.

Adesso, alla mia quota, arrivo a spingere il mio sguardo parecchio lontano nell’universo delle montagne. In lontananza, brillano sotto le nevi eterne il Grossglockner ed il Grossvenediger. Sopra di me, il vapore si solleva dalle valli. Le foschie salgono all’assalto dei versanti boscosi. Davanti a me, a sud, scintilla il Watzmann coperto di neve, di una bellezza maestosa, ed al suo est, emergente da veli di nebbia che si dissipano, brilla il Königssee. Osservo la formazione di una grande nuvola sopra il Watzmann, che mi attira. Posso raggiungere la zona di ascendenze che si trova là sopra ? Costeggio il Lattengebirge mettendomi in rotta per quella direzione ; ma non appena lascio la cresta della montagna, precipito in una discendenza. Mi fa cadere a 4, 5, 6 m/s. Sento assalirmi da una inquietudine che mi spinge a zigzagare a destra e sinistra, per scappare da questa zona di corrente discendente. Ma per il momento non c’è che una cosa da fare : raggiungere in linea retta la prossima montagna.
Ho rapidamente perduto la mia quota altera. Sono già a meno di 1000 metri. I boschi, i villaggi, il Königssee si ingrossano di più in più e si avvicinano a me. Dove vado a posare il mio "Junior", se non riesco a liberarmi di questa corrente discendente ? E’ necessario in questo momento non perdere il mio sangue freddo. Sono già arrivata ai piedi del Watzmann, alla quota dell’estremità della foresta. Le cime degli alberi sono proprio sotto di me. Devo interrompere il volo e provare a posare lo "Sperber Junior" su di un prato ? Un secondo per decidermi ! E’ allora che mi sento improvvisamente sollevare. Da prima dolcemente, poi di più in più forte e di più veloce, il variometro sale ad un metro, poi a 2, poi a 3 m/s. Spiralo in virata stretta molto vicino al costone, esattamente come se dovessi sfiorare gli alberi con le estremità delle ali. Siamo salvi. Sembra che tanto il mio aliante ed io proviamo la stessa gioia. Giro sempre nella stessa colonna ascendente, il cui il diametro si allarga man mano che la quota aumenta, così da poter spiralare meno inclinata. Il mio "Sperber Junior" traccia il suo sentiero di fianco alla vetta del Watzmann.
Ora sono al livello della cima, continuo a spiralare : la base del cumulo si estende lungo la sua cresta, 2750 m.,2800 m., 2900 m., 3000m., attraverso le prime filappere,. Ma l’ascendenza è debole. La nuvola non mi tira più a se. Ho il tempo di lanciare uno sguardo dietro a me. Sotto risplende e scintilla il Watzmann coperto di neve. Potrei facilmente raggiungere in linea retta, verso nord, l’aeroporto di Salisburgo, anche se non è più in vista. Ma non voglio pensare al ritorno. Il mondo dei ghiacciai mi attira e sembra chiamarmi. Se provassi a spingermi sino a loro ? A metà strada si erge ancora un ostacolo : La catena scoscesa della Steinernes Meer. Ma sono già in rotta per là. Ho appena lasciato il Watzmann, che mi metto a cadere da 4 a 5 m/s. Le correnti discendenti non demordono. Ogni secondo diviene sempre più opprimente. La fortuna straordinaria che ho avuto di riguadagnare la mia precedente quota è come spazzata in un baleno. Dopo poco, la cresta della Steinernes Meer domina, me ed il mio aliante, ed in ogni istante, siccome non mi fermo di scendere, si ingrandisce davanti a me, sempre più scoscesa, sempre più minacciante. Ora sono completamente accerchiata dalle montagne ed un senso di paura aumenta in me. Che impressione terribile, vedere le pareti montagnose senza tregua ingrandirsi davanti a te ! Sotto non vedo alcuna possibilità di posare l’aliante senza danni ! L’ombra beffarda del mio "Sperber Junior" si disegna già sul terreno roccioso che sfila sotto di me. La paura mi serra la gola. All’improvviso scorgo, ad una trentina di metri appena, due gracchie che spiralano vicino alla parete della montagna. Mi avvicino il più possibile a loro, Così vicino che credo fortemente di graffiare le rocce con le mie ali. E’ allora che mi sento sollevare. Molto prudentemente, inizio una spirale, aspettandomi in ogni istante di dover far fare al mio "Sperber" un immelmann, nel caso che una forte raffica di vento mi chiudesse troppo vicino alla parete. Non tralascio di guardare le gracchie. Salgono velocemente, sono già sopra di me, ma per loro è più facile. Mi piazzo nella loro scia, come farei con un altro pilota. E’ là, o qui dove i corrugamenti rocciosi s’orientano più verticalmente, che sembrano guadagnare di quota più rapidamente. Io le seguo in spirale. Dopo una faticosa mezz’ora, sorvolo a 2670 metri di quota la cima scintillante di neve della Steinernes Meer. Ho perso di vista i miei due amici, ma ora, c’è uno spettacolo straordinario che si offre al mio sguardo. I Hohe Tauern, le Zillertaler. Le Alpi dell’Ötztaler, cime contro cime, infilate sotto la neve ed il ghiaccio. Le strutture silenziose di roccia e neve ghiacciata si erigono alte e possenti. Sotto a me, si stende la valle della Salzach, verso sud. Lì vicino, brilla il Grossglockner, fiero e maestoso.
Sopra alla Steinernes Meer, salto da un cumulo all’altro, per sfruttare la parte migliore delle correnti ascendenti. Sul Hochköning, un cumulo mi porta a 3500 metri di quota. Questo dunque che avevo osato appena sognare sta per realizzarsi. Mi dirigo allora verso le Hohe Tauern. Il lago di Zell brilla molto lontano su di me , minuscolo. Sorvolo in attraversamento il Pinzgau. Una piccola strada di nubi mi aiuta a riguadagnare la quota che avevo perso. La lascio nei pressi dei 4000 metri di quota.
Avevo dimenticato il concorso e l’obiettivo da raggiungere, anche che per l’emozione, non avevo notato che con i miei pantaloni di lino e senza guanti, in questo freddo glaciale, ero veramente congelata. Quando sono uscita dal mio sogno, mi sono accorta che battevo i denti, a causa del freddo, e che i miei piedi e le mani erano talmente doloranti che riuscivo malamente a servirmi della barra e della pedaliera. Non avevo previsto questo nuovo pericolo che incombeva. .. segue



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Ultima modifica di DoC : 02 aprile 07 alle ore 11:32
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Ma il più difficile era stato fatto, ora non avevo più il diritto d’abbandonare a causa del freddo. Dovevo pensare allo scopo della gara e così diressi il mio aliante verso sud, qui dove le punte e le creste frastagliate delle Dolomiti si innalzavano verso di me. Le mie mani erano completamente irrigidite dal freddo. Non potevo muovere la barra che con il palmo. Il dolore delle membra si mostrava insopportabile. Ma tenevo duro. Non potevo più afferrare la carta con le mie mani intorpidite. Comunque non mi sarebbe ugualmente servita, dato che finiva a sud del Grossglockner, non avevo previsto, che sarei arrivata ad spingermi così lontano, e questo durante la prima prova.
Viste dalla mia quota, le Dolomiti producevano un effetto tremendo; completamente come se volessero infilzarmi. Lo stesso le correnti ascendenti al di sopra di esse, erano difficilmente sfruttabili a causa della loro strettezza. A sud ovest in rapporto alla mia posizione, verso la Marmolada, brillavano dei ghiacciai blu verdi. A causa del freddo mordente, riuscivo appena ad approfittare della bellezza del paesaggio. Alla mia sinistra, uno strato di nubi arrivando da sud est ed avanzando rapidamente si stendeva sempre più, minacciando di coprirmi il sole. Davanti a me si apriva la valle del Piave. Ora costeggiavo in traversone il letto sabbioso e pietroso del Piave. A destra ed a sinistra, si stendevano numerosi campi bordati di ulivi. Non deve essere gradevole atterrare qui. Intanto perdo molto velocemente quota. Lo strato di nubi si è rapidamente sviluppato e trasformato in un muro di pioggia, che mi sbarra il passaggio verso sud. Non ho la più pallida idea della località in cui mi trovo. Delle gocce di pioggia martellano già le mie ali. La valle diventa di più in più stretta.
Non ho molta voglia di atterrare nel letto del fiume. Faccio un dietro front e provo di raggiungere l’ultima località che avevo sorvolato. Si tratta di Pieve di Cadore. Ma allora lo ignoravo . Ho visto con mia grande sorpresa, che non c’erano dei prati per atterrare. In questo luogo scorsi una caserma, con un cortile attorniato da costruzioni su tre lati e sul lato aperto dava su di un campo di calcio. Là doveva bastare per atterrare ! Anche se una fila pioppi che contornava il campo poteva essere un ostacolo per il mio atterraggio. Dovevo passare sopra in corto finale. Proprio nel momento in cui mi trovai davanti a loro, fui presa da una raffica discendente e proiettata verso terra. Ero già più bassa delle cime degli alberi. L’aliante sembrava perduto. Subito dovetti pensare alla mia incolumità. Discesi molto velocemente molto vicino al suolo, per passare a tutta andatura tra due alberi. Speravo che le ali si strappassero e che la fusoliera potesse scivolare a terra con me all’interno. Eppure, proprio davanti agli alberi sentii un refolo ascendente, Utilizzai contemporaneamente il mio eccesso di velocità e feci risalire il mio aliante, quasi in verticale alla velocità del lampo. Sfiorò leggermente la cima degli alberi, ne ricadde giusto dietro e rimbalzò assai brutalmente, ma intatto sul suolo. Credo che restai molto tempo seduta dentro il mio aliante, rendendo solamente grazie a Dio nel silenzio. Il brusio delle voci dei soldati Italiani che erano accorsi mi fecero uscire dal mio torpore. Intirizzita dal freddo, ero incapace di pronunciare una parola, né nello stesso tempo di scendere da sola dall’aliante. Gli italiani mi tirarono fuori. Quanto al mio aliante, lo portarono in un gioioso trionfo sulle loro spalle, sino davanti alla caserma".
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Vecchio 02 aprile 07, 11:22   #3 (permalink)  Top
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Vecchio 02 aprile 07, 17:49   #4 (permalink)  Top
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mitico il racconto di Anna Reitsch...sarà la decima volta che lo leggo...
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ringraziamenti

grazie fabio per avermi citato nei tuoi ringraziamenti fa sempre piacere essere ricordati dopo una giornata di decolli e atterraggi sai avervi dietro voi aliantitisti è una responsabilità quindi è una soddisfazione ricevere preferenza o complimenti per i traini ciao p.s ricordo 17 giugno aereotraino a vercelli da noi per info chiedere a me
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