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Ma il più difficile era stato fatto, ora non avevo più il diritto dabbandonare a causa del freddo. Dovevo pensare allo scopo della gara e così diressi il mio aliante verso sud, qui dove le punte e le creste frastagliate delle Dolomiti si innalzavano verso di me. Le mie mani erano completamente irrigidite dal freddo. Non potevo muovere la barra che con il palmo. Il dolore delle membra si mostrava insopportabile. Ma tenevo duro. Non potevo più afferrare la carta con le mie mani intorpidite. Comunque non mi sarebbe ugualmente servita, dato che finiva a sud del Grossglockner, non avevo previsto, che sarei arrivata ad spingermi così lontano, e questo durante la prima prova.
Viste dalla mia quota, le Dolomiti producevano un effetto tremendo; completamente come se volessero infilzarmi. Lo stesso le correnti ascendenti al di sopra di esse, erano difficilmente sfruttabili a causa della loro strettezza. A sud ovest in rapporto alla mia posizione, verso la Marmolada, brillavano dei ghiacciai blu verdi. A causa del freddo mordente, riuscivo appena ad approfittare della bellezza del paesaggio. Alla mia sinistra, uno strato di nubi arrivando da sud est ed avanzando rapidamente si stendeva sempre più, minacciando di coprirmi il sole. Davanti a me si apriva la valle del Piave. Ora costeggiavo in traversone il letto sabbioso e pietroso del Piave. A destra ed a sinistra, si stendevano numerosi campi bordati di ulivi. Non deve essere gradevole atterrare qui. Intanto perdo molto velocemente quota. Lo strato di nubi si è rapidamente sviluppato e trasformato in un muro di pioggia, che mi sbarra il passaggio verso sud. Non ho la più pallida idea della località in cui mi trovo. Delle gocce di pioggia martellano già le mie ali. La valle diventa di più in più stretta.
Non ho molta voglia di atterrare nel letto del fiume. Faccio un dietro front e provo di raggiungere lultima località che avevo sorvolato. Si tratta di Pieve di Cadore. Ma allora lo ignoravo . Ho visto con mia grande sorpresa, che non cerano dei prati per atterrare. In questo luogo scorsi una caserma, con un cortile attorniato da costruzioni su tre lati e sul lato aperto dava su di un campo di calcio. Là doveva bastare per atterrare ! Anche se una fila pioppi che contornava il campo poteva essere un ostacolo per il mio atterraggio. Dovevo passare sopra in corto finale. Proprio nel momento in cui mi trovai davanti a loro, fui presa da una raffica discendente e proiettata verso terra. Ero già più bassa delle cime degli alberi. Laliante sembrava perduto. Subito dovetti pensare alla mia incolumità. Discesi molto velocemente molto vicino al suolo, per passare a tutta andatura tra due alberi. Speravo che le ali si strappassero e che la fusoliera potesse scivolare a terra con me allinterno. Eppure, proprio davanti agli alberi sentii un refolo ascendente, Utilizzai contemporaneamente il mio eccesso di velocità e feci risalire il mio aliante, quasi in verticale alla velocità del lampo. Sfiorò leggermente la cima degli alberi, ne ricadde giusto dietro e rimbalzò assai brutalmente, ma intatto sul suolo. Credo che restai molto tempo seduta dentro il mio aliante, rendendo solamente grazie a Dio nel silenzio. Il brusio delle voci dei soldati Italiani che erano accorsi mi fecero uscire dal mio torpore. Intirizzita dal freddo, ero incapace di pronunciare una parola, né nello stesso tempo di scendere da sola dallaliante. Gli italiani mi tirarono fuori. Quanto al mio aliante, lo portarono in un gioioso trionfo sulle loro spalle, sino davanti alla caserma".
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