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Vecchio 21 aprile 10, 13:33   #17 (permalink)  Top
luca.masali
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Originalmente inviato da ANTICAENOLOGIA Visualizza messaggio
wow...

secondo voi la V1 pilotata a motore spento plana? :-)))

@ tochiro ... ma se maggioro la sup alare... mi squalifichi?

Quello di Hanna Reitsch planava

essendo la protagonista del mio prossimo romanzo, ecco qui un estratto in anteprima:

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Nessun uomo sano di mente si sarebbe infilato in quel coso. Una cassa da morto di metallo, con le ali. Per di più imbottita di tritolo.
Nessun uomo sano di mente sopporterebbe l'urlo ossessivo di un pulsoreattore proprio dietro le orecchie: un primitivo incrocio tra un jet e un razzo, un rozzo coso che funziona facendo esplodere benzina dentro un tubo d'acciaio. L'aggeggio più rumoroso mai inventato da un pazzo. Non si può rallentarlo né silenziarlo, il pulsoreattore. Sbraita sempre alla massima potenza, centinaia di esplosioni al secondo che diventano un unico inferno acustico.
Finché il carburante non finisce. Ed è allora le cose si fanno davvero difficili.
No, un uomo intelligente non avrebbe firmato quel documento che la Luftwaffe ti aveva messo in mano: se ne lavavano le mani di quel che ti poteva succedere “in quel collaudo che terminerà con la morte”, diceva, nero su bianco. Nessun uomo potrebbe amare Hitler come lo ami tu, al punto di metterti a cavalcioni di una bomba volante tanto per vedere se vale davvero la pena di morire per lui.
Ma tu non sei un uomo. Per questo ami così tanto il tuo dio coi baffetti.
Un’ultima esplosione attraversa il tubo d’acciaio. La testa ti gira per l’improvviso silenzio. La minuscola carlinga non vibra più per colpa del delirante propulsore alle tue spalle. Stranamente proprio adesso, che non ti senti più come la maionese sotto le fruste del cuoco, il posto di pilotaggio ti pare ancor più soffocante, così stretta che ti sembra di indossarlo, quella specie di aeroplano che in realtà è una bomba. Un vestito d’acciaio disegnato da un sadico.
La tua mano spinge impercettibilmente in avanti la cloche, e il muso di metallo si abbassa. Le tue unghie laccate di rosso graffiano la manopola di caucciù della barra. Sotto di te l’azzurro del cielo si stempera nel marrone sporco del Baltico. L’aria sibila attorno al vetro corazzato della cabina. Il fischio diventa sempre più acuto mentre un fastidioso dolore alle orecchie sottolinea la velocità con cui stai scendendo. Inclini con precauzione la barra e la bomba descrive un largo cerchio sul mare gelido.
Davanti alla prua, in lontananza nella lurida laguna, la sagoma di una grossa isola si distingue a malapena. È quasi dello tesso marrone malsano del mare. Ancora non puoi vederlo, ma sai che laggiù, su quell’isola piatta e squallida, tra Polonia e la madrepatria tedesca c’è il villaggio di Peenemünde.
E poco più sulla destra, tra campi devastati dai crateri delle bombe inglesi c’è il campo d’atterraggio. Non puoi riaccendere il motore, e nemmeno puoi rallentare la bomba volante. Hai una, e una sola, possibilità di centrare la pista al primo colpo.

L’ufficiale delle SS prese con deferenza il cannocchiale che il grassone in borghese gli aveva messo in mano.
-Impressionante- disse il ciccione. –Quindi deve fare tutto il circuito d’atterraggio a motore spento?-
L’ufficiale si tormentò il labbro. –Signorsì- rispose.
Il ciccione lo fulminò con un’occhiataccia. –Rilassati, Otto. Sono in borghese, non devi scattare sull’attenti per ogni cazzata che dico-.
L’ufficiale tossicchiò imbarazzato. –Sì, avete ragione. Ecco,ora si vede ad occhio nudo- disse, indicando un puntino lontano sul mare.
-Mi sembra dannatamente alto- borbottò il civile. –Non vorrei aver fatto tutta questa strada per niente-.
-Sa quel che fa- rispose l’SS, cercando di mostrare più sicurezza di quel che provava. -È una bomba con le ali, non un aliante. Senza motore scende molto ripido e veloce, ha le ali cortissime rispetto al peso e quindi…-
-Finiscila, Otto. Lo so benissimo come funzionano gli aeroplani. A che velocità deve atterrare?-
-Trecentocinquanta-.
Il ciccione scosse la testa. –Trecentocinquanta chilometri all’ora? Con quel affare? Sei un idiota, Otto. Siete tutti quanti una manica di idioti-.
-Ma signore-… cercò di protestare l’SS.
Il civile gli diede una sberla sul collo, facendogli cadere il berretto con il teschio e le saette. –Zitto, bestia. Che ci siamo quasi… Appena la tua dannata bomba volante avrà scavato l’ennesimo cratere su quest’isola di merda io me tornerò a Berlino. E tu verrai con me. Sarà interessante sentire come spiegherai al Fürher perché voialtri sprecate i più valorosi eroi della Patria in simili cretinate da circo-.
Otto Skorzeny, haupsturmfuhrer delle SS, arrossì ma non osò fiatare né cercò di riprendere il cappello rotolato nella polvere. Rimase dignitosamente in piedi, con lo sguardo fisso sulla bomba volante Fieseler Fi 103 che si ingrandiva a velocità spaventosa. Il fischio dell’aria stuprata dal siluro di metallo era insopportabile, tanto che il civile si copriva le mani con le orecchie.
L’SS avrebbe preferito coprirsi gli occhi. Il campo dove il Fieseler avrebbe dovuto atterrare non aveva più nemmeno un filo d’erba per proteggere l’atterraggio. Solo una distesa di terra grigia, dura come il granito, piena di buche e dossi.

Per smaltire un po’ di velocità hai alzato il muso della bomba volante. Così rallenti, ma non vedi niente davanti, solo l’ogiva di metallo dipinta alla buona con qualche mano di vernice mimetica. Anche i finestrini laterali non ti servono a nulla, alla velocità con cui stai volando il paesaggio è solo un’unica macchia indistinta. Trattieni il fiato, hai bisogno di tutta la tua sensibilità per tenere dritto il Fieseler. O l’aereo tocca terra dritto come una spada, o ti dovranno raccogliere col cucchiaino.

Davanti all’ufficiale e al civile, la bomba volante sembrava più un proiettile che un aeroplano. Non aveva carrello, solo un pattino d’acciaio imbullonato sotto la pancia. Quando sfiorò il terreno, il pattino arò la terra resa cemento dal gelo. Sassi e zolle di fango solidificato schizzarono in tutte le direzioni, facendo un rumore simile a una grandinata. La bomba volante rimbalzò più volte, prima di fermarsi con un ultimo sordo rimbombo.

Con la voce resa acuta dal sollievo, Skorzeny indicò il Fiesler fermo in mezzo al campo. –Guardi, signore! Ce l’ha fatta!-
Ma il civile non lo stava ascoltando. Con passo flemmatico si stava dirigendo verso la bomba volante, facendo attenzione a non inzaccherarsi le lussuose carpe di vitello nella mota.

Il pilota rimase seduto sullo scomodissimo seggiolino di metallo, in attesa che il cuore tornasse a battere a un ritmo accettabile. Un rivolo di sangue gli colava sull’occhio destro: nonostante le cinture, in uno dei tanti rimbalzi aveva sbattuto la testa contro il parabrezza corazzato.
Con la mano tremante tirò la leva gialla sopra la sua testa. Scricchiolando, il tettuccio si sbloccò, facendo entrare in cabina aria pesante che odorava di salsedine e benzina.
Faticosamente si liberò delle cinture di sicurezza e si contorse per uscire da quel miserabile buco che assomigliava a un posto di pilotaggio. Non vedeva l’ora di fare una bella doccia.

Prima che riuscisse a divincolarsi dal seggiolino, una mano tesa entrò nell’abitacolo. –Buonasera, capitano. Bella giornata per volare, vero?-
-Hermann!- gridò gioiosamente il pilota, e balzò fuori dalla carlinga per saltare letteralmente tra le braccia del civile. Nella foga di uscire perse il caschetto di volo, dal quale uscì una cascata di ricci biondi. -Hermann, ma che sorpresa! Dio, quanto tempo!- disse, baciandolo con trasporto su una guancia.
-Anch’io sono contento di vederti, Hanna. Specialmente di vederti tutta intera- rispose il civile in tono severo.
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